Diawara può diventare italiano
Cronaca
3 Febbraio 2017 Fonte:
Corriere dello Sport
Il centrocampista del Napoli sta facendo le pratiche per ottenere la cittadinanza. Intanto prepara la sfida del cuore con il Bologna
La notte è fatta per sognare: o anche per attraversare il proprio vissuto, guardarsi dentro, anche un po' dietro, accorgersi che sta per arrivare quel giorno in cui, per un'ora o mezza o una serata intera, si resterà aggrappati alla memoria. Si scrive Bologna-Napoli e si ritrova Amadou Diawara sospeso nel tempo, incollato ai ricordi, frammenti d'un passato che resta, perché pure quando finì - e accadde tutto in maniera turbolenta, intorno al luglio 2016 - ci fu modo per ravvedersi pubblicamente. «Io sono grato a Bologna, a Delio Rossi che mi lanciò immediatamente nella mischia, a Donadoni che continuò a credere in me».
LA NAZIONALE. Sedici presenze, eppure ha appena diciannove anni (saranno venti a luglio), ondeggiando tra panchina e regia, tra il campionato e la Champions, tra quel ruolo da titolare conquistato a Crotone e confermato alla Juventus Stadium (ed altre volte ancora) e una panchina nella quale s'è ritrovato di recente perché con le Grandi è così che va: ma c'è Bologna-Napoli e il ballottaggio (che rimane pure stavolta) sembra concedergli un lievissimo, quasi impercettibile vantaggio. Ma ci sono le sensazioni brucianti, che si confessano in privato, standosene sul terrazzo della casa di Posillipo nel quale non mancano mai gli amici, né i parenti: la tentazione, adesso, è chiedere la cittadinanza italiana, essendo qui da un bel po', e poi provare ad avvicinarsi all'azzurro della Nazionale, che rappresenterebbe un altro sogno da vivere.
GUAGLIO'. Bologna-Napoli è un tazebao ricco di date: 22 agosto 2015, il debutto in rossoblù (contro la Lazio), 19 ottobre 2016, la prima volta in Champions (con il Besiktas), poi i tormenti roventi del mercato che ormai diventa un punticino perso negli archivi di se stesso: ci volle un blitz notturno di De Laurentiis e una telefonata con Fenucci e Bigon per spaccare quel gelo e portare Diawara a Castel Volturno, dove adesso studia italiano ed anche un po' di napoletano, ovviamente: «Qualche parola in dialetto, che non si può pronunciare, l'ho imparata ». Gli scugnizzi sono fatti così: dagli un dito e si prendono il campo: Bologna- Napoli è tutta sua, soprattutto sua.
CORVINO. Poi si dice il destino: «Me lo portò un mio amico, Robert Visan, un procuratore. Vivevo un anno sabbatico e curavo soprattutto la mia Accademia a Lecce: arrivò questo bambino, aveva quindici anni...». Così nacque Diawara, a casa di Pantaleo Corvino, che da finissimo degustatore di vini, avvertì profumi lievi ed una gran bella boccata. «Giocava un calcio elegante, subito ». E rappresentò un affare per il Bologna: 400mila euro (più duecento di bonus) per ricomprarlo dal San Marino, dove intanto era andato, quindici milioni per cederlo. Era, umile e determinato: quando ha giocato contro di noi, a Firenze, è venuto per portarmi le sue magliette del Napoli. Quasi volesse ringraziarmi per essere riuscito a conquistare quel traguardo. Era avanti agli altri, perché a quindici anni, quando lo conobbi, giocava già dietro la linea del pallone, si prendeva le responsabilità di comandare, dettava i tempi. Ha subito dimostrato di poter stare in Champions, dunque tra i grandi. Ma ha debuttato quando aveva appena compiuto diciannove anni e lo ha fatto con una autorevolezza da lasciare senza parole. E' quella la sua dimensione, la Champions, e diventerà una stella».
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